Non sono mai stato un sostenitore di facebook anche se devo in qualche modo frequentarlo per promuovere le attività della nostra società. Infatti, che lo voglia o no, facebook resta il veicolo promozionale oggi più efficace visto che i miei contemporanei è lì che passano tanto parte del loro tempo.
E’ sufficiente pubblicare un post su facebook che automaticamente vedi salire il numero di visite ai nostri siti internet; tutto a costo zero salvo quel lavoro noiosissimo di condividere, invitare, cliccare in maniera quasi nevrotica quella schiera di amici dei quali ne conosciamo realmente una minima parte.
Una specie di “volantinaggio elettronico”, una “vendita porta a porta” del ventunesimo secolo.
A tutt’oggi non mi spiego realmente quale sia il segreto del successo di facebook laddove altri social network, fra tutti tumblr, sono decisamente migliori. Facebook è un sistema rigido, scarsamente personalizzabile e per niente flessibile. Ma facebook consente di frugare nel privato, di vedere le foto che diligentemente vengono pubblicate dall’asilo al matrimonio in barba alla privacy. Una sorta di follia di massa che ha umiliato ogni norma sulla privacy che inutilmente e goffamente si continua a mantenere negli ordinamenti giuridici moderni.
Strana cosa la privacy su internet. E’ tutto un pullulare di accettazioni, conferme, informative, liberatorie che nessuno legge in tutela di chissà cosa laddove basta collegarsi a facebook per sapere vita, morte e miracoli di chicchesia. Ma a questo punto forse è il caso di dire “strana cosa la privacy”.
Si è parlato per decenni del famigerato “progetto Echelon”: una sorta di grande fratello della Cia che, si dice, acquisisse montagne di informazioni sui cittadini del globo. Una sorta di pettegolezzo rispetto all’infinita quantità di dati che vengono quotidianamente inseriti su facebook da quei cittadini.
Mi chiedo: ma se uno di questi giorni la Cina acquistasse il pacchetto di controllo della Facebook Inc e con essa le sue banche dati cosa potrebbe accadere? Siamo sicuri che i dati che abbiamo inserito in quelle banche dati sarebbero al sicuro e non diversamente utilizzati per chissà quale bieco utilizzo?
Per non parlare della pomposa quotazione in borsa. Oggi mi guardavo i dati di bilancio di Facebook. Un fatturato in fortissima crescita ma bene o male di quasi 4 miliardi di dollari nel 2011. Certo una cifra ragguardevole non c’è che dire ma appena il 10% del fatturato di Google, altro luogo perverso della rete. A fronte di tale fatturato si parla di una capitalizzazione di oltre 100 miliardi, cioè venticinque volte il fatturato e cento volte l’utile. Praticamente investendo cento euro su facebook a fine anno ne otteremo una cedola di un euro. Mi si dice che in realtà il margine sta nella rivalutazione delle azioni. Sempre che ovviamente ciò avvenga visto che al momento si rilevano solo pesanti perdite.
Non sono un esperto di finanza ma facendo due calcoli veloci google rende l’uno per cento. Un investimento quindi assolutamente poco conveniente. Come mi chiedo come si possa ragionevolmente valutare una società venticinque volte il suo fatturato. La vicenda mi ricorda vagamente il bluff della “new economy” nella borsa italiana dove si videro volare le azioni delle società alle stelle per crollare poi negli abissi con perdite pesantissime per gli investitori.
Nella realtà ho personalmente poca simpatia per facebook e tanto meno ritengo che nel medio periodo questa società possa crescere, sopratutto in termini economici, laddove diversamente non potrà che arretrare erosa da un mare magnum di social network che si stanno affermando sulla rete.
Così sia.